ANNO 14 n° 119
Peperino&Co. Piazza del Gesù, il teatro della scena urbana
>>>> di Andrea Bentivegna <<<<
09/05/2015 - 00:02

di Andrea Bentivegna

VITERBO - ''Colui fesse in grembo a Dio – Lo cor che in sul Tamigi ancor si cola'' E’ con queste parole, senza citarne neppure il nome, che Dante descrive nella Divina Commedia la figura di Guido di Monfort, nobile francese, che uccise senza pietà l’inerme Enrico di Cornovaglia ai piedi dell’altare di una chiesa.

La chiesa in questione era San Silvestro, ovvero quella che tutti noi viterbesi oggi conosciamo come del Gesù, il fatto avveniva il 13 marzo del 1271, in città in cui si stava tenendo all’epoca il primo Conclave, che ovviamente non si chiamava ancora così; La vittima era il cugino del re d’Inghilterra e anche lui non era certo quello che definiremmo uno stinco di santo.

Questo avvenimento efferato è certamente tra i più popolari di quelli avvenuti nella nostra città e soprattutto a piazza del Gesù, quel suggestivo spazio medioevale sul quale si affaccia l’omonima chiesa di cui, non a caso, nella splendida ''Guida a Viterbo'' viene descritto il fascino: ''un equilibrio di volumi e di rapporti tali da costituire uno degli ambienti più caratteristici della città sia quando, al mattino, serve da piazza delle erbe e si arricchisce della sfolgorante policromia della merce ostentata e degli ombrelloni di protezione, sia quando a sera, nel vasto ambiente deserto e silenzioso, il lastricato in pietra ingigantisce gli spazi, la fontana riacquista la sua importanza e se ne sente il mormorio''.

Questa splendida descrizione ci offre uno spaccato della Viterbo del recente passato, quando, appena quarant’anni fa la piazza era ancora sede del mercato, in un'epoca in cui la sera poi si poteva ammirare e godere il grande spazio anziché occuparlo con un parcheggio selvaggio a cui, con alterne fortune, si sta cercando di porre rimedio solo oggi giorno.

La chiesa, tra le più antiche della città, di cui si anno notizie sin dal 1080, costituisce una quinta che conclude lo spazio dominato al centro dalla splendida fontana e reso invece dinamico dall’alta torre che ne fa da contraltare situata dalla parte opposta: questa alta costruzione era un tempo conosciuta come la Torre di Borgognone e, stando alle parole del Pinzi, alla sua base era segnata la lunghezza del piede di un Messer Angelo dello stesso nome che servì di base alle misure lineari del Comune.

Oggi questo luogo rappresenta perfettamente la nostra città perennemente in bilico tra una vocazione turistico-culturale che sembra però spaventare i suoi abitanti i quali preferiscono rimanere ancorati ad una quotidianità fatta di automobili e camionicini.

Eppure la storia di questo luogo, teatro di un omicidio tra più sanguinosi, di un vitale mercato pochi anni fa, del vocio della gente seduta ai tavoli contrapposta al malcostume di chi la utilizza come parcheggio ad ogni costo, anche durante gli allestimenti dell’ultimo San Pellegrino in Fiore, ci dimostra che lo spazio urbano e le sue qualità intrinseche possono essere esaltate o mortificate a seconda del mondo in cui la gente sceglie di utilizzarli.





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